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ANNA E i 5
 tratto da un format spagnolo di TVE, Ana y los siete (in Italia il numero dei bambini da accudire si è ridotto), la fiction ruota intorno ad Anna, che di giorno fa la tata presso una famiglia milionaria, e di notte fa la spogliarellista con il nome d'arte Nina Monamour. Il locale dove lavora la notte è il Chicago, ci lavora con alcune amiche che fanno le cameriere, un amico che fa il barista e il fidanzato Toni. Nella villa dove fa la tata, però, c'è Ferdinando, proprietario della villa, vedovo e con cinque figli. Lui si innamorerà di Anna, ricambiato, ma a mettere i bastoni fra le ruote ai due ci pensa la fidanzata di Ferdinando, mentre il povero Toni non è consapevole dell'innamoramento della fidanzata. Ma il padre di Ferdinando ogni sera, con degli amici, va a vedere Nina, e riconosce la spogliarellista in Anna. Mentre i cinque figli hanno diversi problemi: Carolina ha problemi con il fidanzato, così come Filippo con la fidanzata, Giacomo ha problemi di socializzazione con gli altri amci per la sua intelligenza, Giovanna (sorella gemella di Giacomo) si crede brutta e grassa e non vuole più fare danza classica, mentre la piccola Lucia non parla con nessuno da quando la mamma è morta.

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Anna e i Cinque (la nuova serie)



Lasciata la villa dove aveva iniziato la "carriera" di tata e archiviata l'dentità di spogliarellista, in arte Nina Monamour, Anna (Sabrina Ferilli) si trasferisce a Roma. Infatti, da una telefonata di suor Maddalena (Lydia Biondi) ha saputo che sua madre Wilma (Luisa de Santis), dalla quale era stata abbandonata bambina in un orfanotrofio, e che tutti credevano morta, è in un ospedale romano gravemente malata.

Per non destare preoccupazioni, Anna, che da sempre sogna di fare l'attrice, racconta a Ferdinando e ai ragazzi di essere stata scritturata per un film.

Ferdinando Ferrari (Pierre Cosso), l'industriale di cui è innamorata, per cercare di fuggire dal fantasma della moglie prematuramente scomparsa, e per riuscire a restare accanto ad Anna - che è anche l'efficientissima tata dei suoi cinque figli - decide seduta stante di trasferirsi nella Capitale con tutta la famiglia, incluso l'anziano ma baldanzoso padre-patriarca Nicola Ferrari (Riccardo Garrone) e la sua fidata servitù.

Così, da Milano alla Capitale, la famiglia Ferrari cambia città!

E in una splendida villa sul Lungotevere ricomincia la vita dei Ferrari e di Anna che, intanto, è stata realmente scritturata quale attrice nella soap opera Sangue Blu ...



Regia: Franco Amurri
La seconda puntata di Anna e i Cinque 2 vede la famiglia Ferrari funestata dal tracollo finanziario. E già assistere a una scena simile, recitata in modo a dir poco grottesco, nel giorno dell’approvazione della Manovra fa pensare a una gag di Maurizio Crozza.
Sabrina Ferilli, alias Anna Modigliani ex Monamour (un nome che sembra uscito da Tempesta d’amore), è seduta al tavolo con i ragazzi e annuncia a modo suo, bippata dal buon Garrone, l’infausta novella:
“Stiamo con le pezze al cu… Siamo nella m…”.
Il tutto con quell’intercalare burino insopprimibile (non a caso la nuova serie è ambientata a Roma e non più a Milano), che vede la Ferilli caricare anche le scene più drammatiche. Il che poteva passare ai tempi delle varie Commesse e “Provinciali” su RaiUno, dove l’aria della proletaria smunta funzionava sempre. Ma non si può rivederla in tv sempre con le stesse facce basite de Le ali della vita.
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In più, la trama della nuova serie di Anna e i Cinque prevede una storyline metatestuale, con lei che recita in una soap. Allora lì non sai se pensare a Boris o a Manuela Arcuri che si materializzava con la sua Morena, attrice di una telenovela argentina, in Caterina e le sue figlie 3.
La nostra tata ex-spogliarellista impreca, per di più, con una certa disinvoltura. A un certo punto si rivolge così a Beatrice, la nuova antagonista (zia dei suoi ragazzi), che sarà entrata nel cast perché l’ex cattiva Jane Alexander c’aveva altro di meglio di fare:
“Falsa, traditrice, disgraziata. Ti dovresti sprofondà sotto terra per la vergogna”.
Ora, i Ferrari sono in crisi e si raccomandano di tirare la cinghia. Peccato che il capofamiglia sia interpretato da Pierre Cosso, che, nato nei fotoromanzi, non potrà mai rinunciare all’abito di sartoria e a quintali di cerone.
Perciò Ferdinando, elegante come neanche l’uomo Vogue dell’anno, decide di portare comunque a cena fuori, in un ristorante molto costoso, la sua amata. Ovviamente, in ogni fiction che interpreta, qualunque sia la trama, la Ferilli sta al posto chic come Canale5 a Ennio Morricone. Perciò tira fuori la sua solita battuta populista che la farà benvolere al mercato:
“Te possino che prezzi. Con quello che costa ce possiamo portare tutta l’argenteria a casa”.
Questo è solo un assaggio del livello di recitazione e sceneggiatura di Anna e i Cinque, una fiction di cui non solo non si sentiva bisogno del seguito, ma che da commedia senza pretese ha assunto toni melodrammatici a dir poco surreali.
Canale5 faceva migliore figura a trasmettere Centovetrine in prima serata: d’altra parte alcuni degli attori Mediavivere (vedi la polacca Magdalena Grochowska) sono spalmati qua e là anche in Anna e i Cinque. Tanto, tra un doppiaggio fuori synch e un infinito effetto ralenti, l’interprete stereotipato è persino il minore dei mali.
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ROMA - Riparte da Roma, in una splendida villa su Lungotevere, la nuova vita dei Ferrari e di Anna, la tata ed ex spogliarellista interpretata da Sabrina Ferilli nella serie televisiva “Anna e i cinque” che tornerà in onda in prima serata per sei mercoledì su Canale 5, a partire proprio da domani.

«Abbiamo cercato di dare una sterzata al genere della serie – spiega il regista Franco Amurri
- cercando di renderla più romantica e commovente di prima». Il tentativo sembra quello di riuscire a rendere la favola della donna povera (Anna) che entra a far parte di una famiglia ricca, più vera e realistica possibile. «I momenti di commedia ci saranno – aggiunge Amurri – ma sarranno legati al punto di vista dei personaggi, ai loro caratteri». Perché questa volta i problemi per Ferdinando Ferrari (Pierre Cosso), l'industriale di cui Anna è innamorata, e i suoi cinque figli (intrepretati da cinque nuovi attori), non mancheranno.

È piena di sentimenti, di amore e di sofferenza, la nuova vicenda della famiglia Ferrari
, che abbandona Milano per raggiungere Anna a Roma, che nel frattempo si è precipita nella Capitale raccontando di essere stata scritturata per un film, mentre in realtà è stata informata da suor Maddalena (Lydia Biondi) del fatto che la madre Wilma (Luisa de Santis), dalla quale era stata abbandonata bambina in un orfanotrofio, e che tutti credevano morta, è ricoverata in un ospedale romano gravemente malata.

Così il ricco finanziere Ferdinando Ferrari, che decide di trasfersi a Roma
insieme al padre Nicola (Riccardo Garrone) e ai cinque figli - la piccola Lucia (Karen Ciaurro), i gemelli Giacomo (Amedeo Magnaghi) e Giovanna (Aurora Andreaus), la ribelle e sognatrice Carolina (Carolina Benvenga) e e il timido Filippo (Alberto Galetti) – anche per allontanare il fantasma della moglie morta, d’improvviso conoscerà la povertà. Piomberà nell’incubo della bancarotta economica per colpa delle manovre sporche di Achille Gasperi, un banchiere spietato interpretato da Massimo de Rossi, che è deciso ad impossessarsi della società di Ferdinando per riciclare denaro sporco.

Ma l’intreccio è anche amoroso
. Anna, prima di riuscre a coronare il proprio sogno d’amore e sposare Ferdinando dovrà riuscire a difendere il proprio amore dall’offensiva di Benedetta (Eleonora Sergio), una disinvolta manager, e di Betarice (Magdalena Grochowska), la sorella di Ludovica.

E mentre
sulla pagina di Facebook dedicata alla nuova serie sale la febbre dei sei milioni di telespettatori che hanno seguito la prima edizione di “Anna e i cinque”, l’amministratore delegato di Magnolia fiction Rosario Rinaldo, in attesa di conoscere il riscontro del pubblico, rivela che «è già stata vinta una sfida economica visto che abbiamo dovuto abbattere i costi di oltre un milione di euro». Dunque «tutti noi attori – continua la Ferilli – abbiamo accettato la riduzione dell’ingaggio pur di tutelare la qualità del prodotto». Un prodotto infarcito dei sorrisi di Lucia, sei anni, la biondissima mascotte di casa Ferrari, buffa e furbetta nella fiction, tenerissima in conferenza stampa.
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A margine della presentazione di Anna e i Cinque - La Nuova serie, la seconda stagione della fiction prodotta da Magnolia in cui Sabrina Ferilli interpreta la tata Anna, TvBlog ha rivolto alcune domande all’attrice. Ci ha raccontato le novità di questa serie e annunciato che a breve sarà di nuovo sul set per il cinepanettone di Natale. Durante la conferenza, il direttore della fiction Mediaset Giancarlo Scheri (protagonista di una nostra intervista domani) ha rivelato che la Ferilli sarà protagonista di un nuovo progetto di lunga serialità realizzato dalla Ares in 6 serate che si inizierà a girare nel 2012.
Seconda stagione di Anna e Cinque. Nella prima interpretava una tata di giorno e una spogliarellista di notte. Quali saranno le novità?
“La prima stagione si chiudeva con il mio personaggio che, su volere dei ragazzi, rientrava nella famiglia Ferrari formata da un papà vedovo e 5 ragazzini e ripartiremo proprio da qui…”
Avrà ancora a che fare con nemiche e nemici? Ricordiamo che nella prima stagione c’era Jane Alexander che ora conduce Mistero.
“Sì, lei è bravissima. Ci tengo a salutarla, quest’anno ha avuto altri impegni e non ha potuto far parte di questa serie ma d’altra parte si era reso necessario raccontare dell’altro. Se vi ricordate mi era stata fatta una guerra incredibile per non farmi entrare nella famiglia Ferrari perchè non mi si riteneva all’altezza di fare ingresso in un clan aristocratico come quello. Ecco, questa seconda stagione parte proprio da qui”.
Cosa succederà?
“I ragazzi arriveranno a Roma ma inaspettatamente. Anna verrà raggiunta da una telefonata sconvolgente, e sarà la madre che ha sempre creduto morta. Per tale motivo partirà per Roma facendo credere ai ragazzi, che lei pensa siano a Milano, che sta per girare una fiction. I suoi figli adottivi si sentiranno spaesati e la raggiungeranno nella capitale con grande sorpresa di tutti dando vita ad una serie di avvenimenti e colpi di scena”.
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Sarà meno commedia e più drammatica questa serie?
“No, ci saranno anche parti comiche. Nello specifico accadranno però a questa famiglia tante cose: momenti difficili che la famiglia vivrà, cattiverie fatte al personaggio interpretato da Pierre Cosso e alcune donne che si metteranno in mezzo cercando di minare l’armonia di questa famiglia”.
Intanto vediamo un cast di ragazzi completamente rinnovato.
“Sono passati tre anni dalla prima stagione ed era necessario avere ragazzi più cresciuti. Questi sono molto ben inseriti perchè, essendo questa una famiglia che parte da Milano, i giovani attori come Alberto Galetti, Aurora sono proprio del nord e hanno quell’accento. Insomma con i bambini è sempre una passeggiata”.
Come si è trovata con loro?
“Benissimo! Poi il regista Franco Amurri, con il quale ho lavorato a Due Imbroglioni e Mezzo, ha sempre lavorato con i bambini e ha fatto una selezione accuratissima”.
Che cosa ha di particolare Anna e i Cinque?
“E’ una storia d’amore, un progetto un po’ vintage che non si trovano più. Mi piacque proprio perchè senza parolacce, senza sesso, con una storia un po’ fannee ma anche di sentimenti. Anna e i Cinque è un film molto prezioso anche per questo aspetto”.
Accennava prima ad una parte comica in questa seconda stagione, un po’ come avveniva con Raoul Cremona nella prima.
“In realtà è un po’ più piccola. Ad un certo momento, nell’arco delle 6 puntate, verrà fuori una soap opera che interpreteremo io e Paolo Conticini e sarà davvero esilarante! Io mi sono davvero divertita a fare quegli spezzoni in cui fingiamo di essere due attori di telenovele sudamericane”.
Ci può raccontare un aneddoto accaduto con questi ragazzi?
“Ma tutti i giorni perchè poi i ragazzini non sono attori quindi effettivamente il nostro diventa un rapporto personale che devi prima gestire e poi portarlo sulla sfera professionale”.
Sono ragazzini da Buona la prima?
“Oddio, ho sempre un po’ paura di quei fenomeni da buona la prima. Loro sono indisciplinati esattamente come tutti e come voglio che siano, così come sono pieni di umanità e sensibilità. Questi sono sempre elementi di sorpresa quando giri. Non sono dei professionisti, sono straordinariamente dei ragazzini”.

Questa è una fiction che mette in risalto la famiglia. Qual è la sua opinione sulla famigla in generale viste le molte polemiche sul caso?
“Più che la famiglia mette in risalto gli affetti, i componenti, gli amori, affetto tra fratelli o tra padri e figli. Io credo che la famiglia sia interna. Sarebbe troppo facile pensare che per esserlo basti il riconoscimento ufficiale dell’istituzionalità come papà e mamma. Si è visto che non è così. Famiglia è quella cosa delle persone che portano nel cuore che decidono di farlo, è indissolubile e garanzia di significato nel termine. Che sia di razze diverse, di sessi uguali o diversi o di differenze di età per me non ha nessuna importanza. Ho visto figli venir fuori da famiglie istituzionali mostruosi e figli di famiglie sicuramente fuori da determinate strutture che vorrei fossero i miei figli”.
Per chiudere, per quale motivo bisogna guardare Anna e i Cinque?
“Non bisogna guardarlo per forza, è sicuramente un film delizioso. Particolare e unico”.
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ALICE BELLAGAMBA
E finalmente ieri è iniziata la Nuova Serie di "Anna e i Cinque" che vedrà nelle prossime puntare tra i protagonisti la nostra amata Alice Bellagamba.

La ricca famiglia Ferrari si sposta da Milano ad una villa di Roma per via del cambio di lavoro di Anna (come attrice di Soap che si svolge proprio a Cinecittà) e per via della ricomparsa della madre (che si pensava fosse morta). Infatti da una telefonata di suor Maddalena, Anna scopre che la madre è ricoverata in un ospedale romano in gravi condizioni. Per non destare preoccupazioni, Anna racconta di essere stata scritturata per un film. Per starle vicino e allontanare il fantasma della moglie morta, Ferdinando decide di seguirla e di trasferirsi nella capitale con i cinque figli (nonostante i grandi non siano d'accordo). In una splendida villa sul Lungotevere comincia una nuova vita e nuove avventure famigliari. Compare nella vita della famiglia la zia Beatrice, sorella della ex-moglie di Ferdinando, che ha nelle mire l'ex-cognato e cerca di conquistarsi la benevolenza dei giovani Ferrari. I ragazzi, che ancora non sanno niente della storia d’amore tra il padre ed Anna, capitolano in favore della zia: Filippo per esempio, rivede nella zia Beatrice la madre tanto da dedicarle una canzone scritta di suo pugno, Carolina  si sente finalmente capita, i gemelli Giacomo e Giovanna  si sentono completamente liberi di fare ciò che vogliono come meglio credono, mentre solo Lucia , la piccola di casa, non ne vuole proprio sapere di questa zia spuntata dal nulla.

Ferdinando, nonostante i dubbi che gli ha instillato Beatrice e che l’amico architetto Matteo ha prontamente dissipato, è intenzionato a sposare Anna, tanto da convocare una riunione di famiglia con i soli figli per annunciare loro le sue intenzioni. Ma i ragazzi credono invece che lui intenda sposare Beatrice e si congratulano con lui. Anna, che origlia per sbaglio la conversazione, si convince che il meglio per i bambini sia di riunire la famiglia, anche dopo essersi confidata con suor Maddalena, e tratta in malo modo Lucia per allontanarla da lei e spingerla tra le braccia di Beatrice. Due drammi però si abbattono sulla famiglia Ferrari: mentre la Ferrari Trade, azienda storica fondata da Nicola, fallisce ad opera del banchiere Achille Gasperi , con i titoli azionistici che cadono a picco dopo ben tre acquisizioni andate a monte, Lucia scappa di casa, gettando tutta la famiglia nello sconforto e lasciando noi spettatori con il fiato sospeso fino alla prossima settimana.

Durante la puntata il nostro occhio è chiaramente andata sulla figura di Filippo, visto che sappiamo che avrà una storia con la "nostra Alice-Giada" nelle prossime puntate.
Alberto-Filippo e Alice-Giada in una delle prossime puntate (Grazie alla direzione Mediaset)
Nonostante questo non si può non rilevare la figura troneggiante di Anna interpretata con grande naturalezza e veridicità da Sabrina Ferilli ... BRAVA!!! Bravi anche i bambini e Magdalena Grochowska che riesce a farsi odiare benissimo nella parte della perfida Beatrice.

Noi fans di Alice continuiamo a seguire la fiction ed aspettare che Filippo conosca Giada ... e per ingannare l'attesa la Direzione Comunicazione Mediaset ci regala una bellissima foto scattata dalla bravissima fotografa Cristina di Paoloantonio un anno fa. Grazieeee siamo in trepidante attesa!!!

 CARLO VERDONE


POSTI IN PIEDI IN PARADISO
nizia il 13 Giugno 2011 il nuovo film di Carlo dal titolo “Posti In Piedi In Paradiso”. Interpretato da Carlo Verdone, Pierfrancesco Favino, Marco Giallini e Micaela Ramazzotti, sarà un film sulla condizione dei mariti separati o divorziati, costretti a vivere in precarie condizioni economiche.

Ma è sul rapporto che si stabilirà tra i tre protagonisti maschili (costretti loro malgrado a vivere in 40 mq) e la protagonista femminile (Micaela Ramazzotti) che si baserà il film. Quattro vite con retroscena molto differenti, accomunati da una precarietà non solo economica ma anche sentimentale.

La struttura di una tragicommedia corale lo renderà molto diverso da un altro progetto televisivo che narrerà lo stesso argomento. Narrare con leggerezza ma verità questo tema sarà una delle sfide più delicate di Carlo. Che ha voluto un finale dove uno spicchio di “paradiso” si percepirà per ciascuno dei nostri protagonisti, la cui chiave di speranza è riposta nei loro figli.

Il film avrà la durata di 10 settimane e mezzo e sarà pronto per l’inverno 2012.

Location: Roma e Parigi .

Completeranno , tra gli altri, il cast: Nicoletta Romanoff, Diane Fleri, Valentina D’Agostino, Nadir Caselli, Maria Luisa De Crescenzo, Giulia Greco, Gabriella Germani, Vanni Corbellini, Cristina Odasso, Manuela Morabito, Corinne Jiga, Pierluigi Ferrari, Andrea Purgatori, Paolo Verdone.

Soggetto e Sceneggiatura: Carlo Verdone, Pasquale Plastino e Maruska Albertazzi.

Direttore della Fotografia: Danilo Desideri.

Scenografo: Luigi Marchione.

Montaggio: Antonio Siciliano.

Costumista: Tatiana Romanoff.

Musiche: Fabio Liberatori e Gaetano Curreri.

Organizzatore Generale: Giulio Gallozzi.

Produttore Esecutivo: Maurizio Amati. Prodotto da Luigi ed Aurelio De Laurentiis.

Regia: Carlo Verdone
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Si sono appena concluse a Cinecittà le riprese dei nuovi film di Garrone e di Virzì, dove gli Studi di Via Tuscolana sono una location importante nella storia stessa dei film, e due nuovi set si aprono.
In questa settimana infatti inizieranno le riprese del nuovo progetto di Carlo Verdone, che dopo IO LORO E LARA, con il suo scenografo Luigi Marchione torna a costruire nei teatri di Cinecittà altre location per i personaggi del suo nuovo film dal titolo provvisorio "POSTI IN PIEDI IN PARADISO", prodotto da  Aurelio e Luigi De Laurentiis  per Filmauro.
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GRANDE GROSSO E VERDONE
GRANDE, GROSSO E… VERDONE
CAST TECNICO ARTISTICO

Regia: Carlo Verdone
Sceneggiatura: Carlo Verdone
Fotografia: Danilo Desideri
Scenografia: Luigi Marchione
Costumi: Tatiana Romanoff
Musica: Fabio Liberatori
Montaggio: Claudio Di Mauro
Prodotto da Luigi & Aurelio De Laurentis
(Italia, 2008)
Durata: 131'
Distribuzione cinematografica: Filmauro

PERSONAGGI E INTERPRETI

Leo, Callisto, Moreno, Politico: Carlo Verdone
Enza: Claudia Gerini
Tecla: Geppi Cucciari
Blanche: Eva Riccobono
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Dopo tredici anni il regista romano Carlo Verdone, per accontentare le numerose richieste dei fan, torna a interpretare in tre episodi alcuni dei personaggi che lo hanno reso famoso.

Nel primo segmento Leo viene sconvolto dalla morte improvvisa della madre, nel secondo il professor Callisto deve cimentarsi nell'educazione sentimentale del figlio introverso, mentre nell'ultimo, la coppia di coatti Enza e Moreno, in piena crisi coniugale e con un figlio che non "comunica", decidono di trascorrere una vacanza in un prestigioso hotel di Taormina, sperando di riscoprirsi una famiglia.

Il tempo passa per tutti, anche per i personaggi interpretati da Carlo Verdone, e "Grande, grosso e... Verdone" ne è la conferma. Più apatici, più intimamente sconfitti, più cupi e troppo drammatici per apparire comici. Leo, che in Un sacco bello gridava "Marisò", innamorato e insicuro, si ritrova sposato con due figli (che gli fanno il verso parlando come lui a causa di un "difetto congenito"), sconfitto dall’incapacità di comunicare. Il secondo, ispirato direttamente al professore metereopatico che riprendeva Magda e che portava al suicidio Fulvia, si rivela ancor più cinico e cattivo. Il terzo, il coatto Ivano (che questa volta si chiama Moreno) si confronta direttamente con la sua incapacità di fare sia il padre che il marito.
Tutti sconfitti, quindi, in questo lungo viaggio - due ore e dieci di metraggio- verso una redenzione che non arriva mai, quasi si trattasse di un viaggio dantesco a tappe (gli episodi sono staccati l'uno dall'altro e rappresentano tre blocchi distinti), Verdone non rinuncia al suo umorismo malinconico, elevandolo solo apparentemente a commedia: quando invece a fatica si ride a denti stretti, con tanta angoscia e troppo poca spensieratezza.
"Grande, grosso e Verdone" è dedicato ai fan ma paradossalmente sembra che il suo autore abbia architettato una sorta di vendetta nei loro confronti: un'intima dichiarazione di resa alla “malinconia” che non investe direttamente l’artista/regista, ma peggio le sue creature.
Verdone dirige senza guizzi gli episodi che si susseguono stancamente, riuscendo solo a tratti a far intravedere le idee gag, ma rinunciando a realizzarle o concludendole affrettatamente. Un risultato non gratificante e piuttosto impegnativo.

Un film, quindi, che si può apprezzare se inserito in un contesto di crescita dell’autore, non a caso è stato definito dallo stesso regista il film più nero, e cattivo della sua carriera.


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ITALIANS
Titolo:
Italians

Anno:

2009

Regia:

Giovanni Veronesi

Cast artistico:

Carlo Verdone
Sergio Castellitto
Riccardo Scamarcio
Xenia Rappoport
Dario Bandiera
Mauro Marchese
Valeria Solarino

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Fotografia: Tani Canevari

Scenografia: Luigi Marchione, Laura Pozzaglio


Costumi: Gemma Mascagni


Trucco: Paola Gattabrusi


Parrucchiere: Fabio Lucchetti


Montaggio: Claudio Di Mauro


Musiche: Paolo Buonvino


Produttore Esecutivo: Maurizio Amati/ Luigi De Laurentiis


Sceneggiatura: Giovanni Veronesi, Ugo Chiti, Andrea Agnello


Produzione: Luigi e Aurelio De Laurentiis

   4 ITALIANS
http://www.carloverdone.it/includeCV/img/pixel_trasparente.gifTramaTrama http://www.carloverdone.it/includeCV/img/pixel_trasparente.gifQuattro streotipi tipicamente "italiani" in quattro personaggi in viaggio all'estero.

Nel
primo episodio Riccardo Scamarcio e Sergio Castellitto attraversano i paesi arabi, trasportando illegalmente Ferrari rubate. Tra episodi comici e cialtroni e momenti di sensibilità e generosità appartenenti al nostro dna, si sviluppa a sorpresa un colpo di scena finale dove uno dei due è un poliziotto che cerca di incastrare l'altro,ideatore del traffico illecito.

Nel
secondo episodio,Carlo Verdone, odontoiatra di chiara fama, si deve recare a San Pietroburgo per un convegno sulle tecniche di implantologia. Nonostante sia vittima di un momento depressivo a seguito della rottura del suo matrimonio,si ritrova fagocitato da un italiano (Dario Bandiera) che organizza "tours sessuali"per italiani che visitano la "nuova" Russia. All'iniziale rifiuto del dentista,che si vergogna e del personaggio e delle avventure oscene che gli propone, segue un cedimento totale di Verdone che ,suo malgrado, finirà in situazioni imbarazzanti se non tragiche.

A risvegliare in lui i suoi lati migliori e generosi sarà la sua interprete (Xenia Rappoport) che lo porterà fuori da quell'inferno,facendogli conoscere un'altra Russia:più dignitosa,più povera ma colma di veri valori. Alla fine quel viaggio,nonostante le miserabili e rocambolesche vicende, lo farà tornare in Italia migliore e più consapevole.
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IO LORO E LARA
Padre Carlo Mascolo è un missionario che vive in un villaggio nel cuore dell'Africa. Da qualche tempo avverte i sintomi di una crisi spirituale e decide di tornare a Roma per parlarne ai suoi superiori che lo esortano a trascorrere un pò di tempo in famiglia a ritrovare la serenità.
Ma in casa lo attendono altre catastrofi.

Io loro e Lara Questa pellicola rimane come la più bella sorpresa della mia carriera. Non pensavo minimamente di poter incassare quasi 17 milioni di euro con un film assolutamente privo di ammiccamenti al pubblico.

Interpretare un prete, senza alcun tic o caratterizzazione, era un rischio enorme. Ma ancora più rischioso era il rappresentarlo con estrema sincerità, verità ed umanità. Ho semplicemente scritto, diretto ed interpretato quello che volevo fare senza alcuna pressione produttiva.


Sono scommesse che prima o poi negli anni devi affrontare. Ma evidentemente era il passo giusto per quel momento. Ho avuto un cast semplicemente ottimo e tutti loro mi sono stati molto d’aiuto nel momento in cui ho perso mio padre alla ottava settimana di riprese.


Da metà film in poi, quando capivo che papà ci avrebbe lasciato, avevo due moti nell’anima: una gran tristezza e la voglia di dedicargli questo film nel migliore dei modi. E’ stato terribile portarlo a compimento. Ma la vicinanza di mia figlia, che lavorava in produzione, mi ha molto confortato. Fu un autentico scandalo non vederlo nelle nomination dei David. Ma la rabbia mi durò un paio di giorni. Il tempo giusto per metabolizzare una volta per tutte che il premio migliore te lo dà il tempo, il pubblico.


Non voglio più farmi il sangue amaro per premi e sottopremi alla carriera. Il premio più importante è che il film resti nella memoria della mia filmografia. Su questo non ho alcun dubbio. Sono molto fiero di questa pellicola perché resterà sempre nel mio cuore.


E come la più bella sorpresa dopo 33 anni di carriera.
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·  Ruolo: Scenografia
·  Genova, 1963. Tre uomini - un contrabbandiere francese, un indolente protettore e un pastore sardo - decidono di tentare un colpo in grado di cambiare le loro vite. Riescono nell'intento ...

Amore che vieni, amore che vai è un film a colori di genere drammatico della durata di 101 min. diretto da Daniele Costantini e interpretato da Fausto Paravidino, Filippo Nigro, Massimo Popolizio, Donatella Finocchiaro, Tosca D'Aquino, Claudia Zanella, Agostina Belli.
Genova, 1963. Tre uomini - un contrabbandiere francese, un indolente protettore e un pastore sardo - decidono di tentare un colpo in grado di cambiare le loro vite. Riescono nell'intento ma il pastore, uccidendo il suo fratello gemello, si finge morto e fugge col bottino e la sua donna. In preda al rimorso, consegna la refurtiva a un prete incontrato per caso su un treno. Il destino gli gioca però un brutto scherzo.
Tre personaggi legati da un sottile filo rosso: Carlo, un "pappone per caso" giovanissimo e sognatore, col vizio di immischiarsi in faccende più grandi di lui; Bernard, un contrabbandiere ex-partigiano ed ex-anarchico, ora appartenente alla malavita marsigliese; Salvatore, un pastore sardo membro dell'anonima sequestri con alle spalle cinque anni di carcere. I tre si incontrano nella Genova del 1963, tra locali notturni e vicoli popolati da prostitute ed esemplari vari di umanità allo sbando, mettendo a punto un colpo destinato a cambiare per sempre le loro vite. Ma le profonde differenze tra loro, l'amore e il destino, faranno sì che le cose vadano molto diversamente dal previsto.

Questo Amore che vieni, amore che vai è l'esordio nel lungometraggio del regista di origini televisive Daniele Costantini, ispirato al romanzo di Fabrizio De André e Cristiano Gennari Un destino ridicolo. Un progetto che, stando a quanto dichiarato dal giovane regista, covava nella sua mente già da poco tempo dopo l'uscita del romanzo (che è datato 1997) e che aspira a far respirare, nell'ambientazione, nei personaggi e nelle loro vicende, l'atmosfera delle storie raccontate dal cantautore genovese, gli odori e il clima della sua città e di quei personaggi borderline così pieni di umanità a cui le sue canzoni ci hanno abituato. L'ambizione, purtroppo, si scontra con uno script povero e di scarsa presa emotiva, approssimativo nella gestione degli snodi narrativi e assolutamente insufficiente nella caratterizzazione dei personaggi: le tre prostitute in particolare ("tipo" umano da sempre centrale nelle storie del cantautore), appaiono mal descritte, stereotipate quando non caricaturali; così come caricaturale all'ennesima potenza è il personaggio di Carlo, tutto tic e mossette, assolutamente inadeguato al tipo di storia narrata e poco aiutata dall'interpretazione manieristica e costantemente sopra le righe di Fausto Paravidino.

Non mancano nella sceneggiatura neanche le incongruenze, i personaggi buttati lì e tralasciati per gran parte del film, gli improvvisi e ingiustificati cambi di registro (vedi l'esplosione di violenza di Carlo): ma più in generale è il clima che si respira nel film a non convincere, un grottesco forzato, poco in linea con la storia narrata, mentre se da una parte l'evento principale (il colpo progettato dai tre uomini) scivola addosso allo spettatore senza provocare interesse, dall'altra il "contorno", l'universo umano sul cui sfondo la vicenda si dipana, non brilla certo per credibilità. Qualche pregio si può trovare soltanto nelle convincenti scenografie della Genova notturna, nei vicoli e nei locali illuminati dalle luci al neon, in una fotografia anche superiore alla media delle odierne uscite italiane. Nota di merito anche per il commento sonoro di Nicola Piovani, in gran parte sprecato in un film come questo, mentre il brano di De André che dà il titolo al film ha il solo effetto, nella scena in cui viene utilizzato, di far avvertire un fastidioso didascalismo di fondo (ed è curioso come fosse proprio questo l'effetto che il regista, per sua esplicita ammissione, voleva evitare). Non ci si può neanche accanire più di tanto sul cast, in cui al già citato Paravidino si aggiungono tra gli altri Donatella Finocchiaro, Tosca D'Aquino e la simpatica Agostina Belli, visto che la sceneggiatura non offre caratterizzazioni tali da dare grande spazio agli interpreti.

Un film che rappresenta dunque una delusione abbastanza cocente, specie se si pensa alle premesse e al carattere "alto" del materiale di partenza, nonché alla possibilità, malamente sprecata, di offrire al pubblico italiano un prodotto di sicura presa ma al contempo diverso dalla media del cinema di cassetta nostrano: un'opera in cui la poesia di uno dei più importanti personaggi della cultura popolare italiana si sposasse a una riscoperta del "genere" e del piacere, in sé, di narrare. Peccato.
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·  Ruolo: Scenografia
·  Sophia Loren, la storia della sua famiglia e della sua affermazione come stella del cinema accanto a sua madre Romilda Villani, fino all'Oscar vinto per 'La ciociara'.

RaiFiction insieme a ideaCinema portano sul piccolo schermo niente meno che la storia della grande Sophia Loren, il racconto di un grande sogno divenuto realtà, quello di Romilda Villani, madre di Sofia e Maria Scicolone, figlie degli stessi genitori ma con due destini completamente diversi, come diversi sono stati negli anni i rapporti con la madre e con un padre assente e avaro, di denari e di sentimenti. Romilda Villani ha lottato contro tutto e tutti per portare a termine un riscatto economico e sociale che la sua famiglia e le sue figlie sognavano e speravano da tempo.
Madre affettuosa e premurosa con Sofia - la figlia più grande, bella e ambiziosa come lei - madre oppressiva e iperprotettiva con Maria, figlia illegittima (poi riconosciuta in cambio di una cospicua somma di denaro) di un padre indifferente e anaffettivo ed incarnazione di tutti i suoi fallimenti di donna, da quello amoroso a quello professionale.
Dall'adolescenza tra i vicoli di Pozzuoli ai concorsi di bellezza di Miss Italia e Miss Roma fino all'Oscar vinto nel 1962 per La ciociara di De Sica, passando per importanti produzioni americane come Il ragazzo sul delfino, Orgoglio e Passione e tanti altri che l'hanno portata a lavorare con gli attori più fascinosi e famosi di Hollywood: Cary Grant, Charlton Heston, Anthony Perkins, Peter Sellers, Clark Gable, Peter Ustinov, Gregory Peck, Marlon Brando e Paul Newman.

Una scena della miniserie La mia casa è piena di specchiLa mia casa è piena di specchi è la vera storia di tre donne, madre e due figlie, capaci con la sola forza della determinazione di superare le fatiche della guerra e di conquistarsi senza l'aiuto di alcun capo famiglia un futuro e un nome rispettabile nel mondo. Liberamente ispirata all'omonimo romanzo di Maria Scicolone, sorella minore di Sofia, la miniserie in due puntate è diretta da Vittorio Sindoni, uno dei nomi più celebri della nostra televisione, scelto direttamente dalla Loren per dirigere la storia della sua vita. In equilibrio tra la poesia di una favola e il dramma di una storia vera e difficile, il film narra momenti di vita intimi e personali di donne ora celebri che hanno accettato di mettere in piazza i loro preziosi ricordi per omaggiare la loro madre, guida spirituale e punto di riferimento di tutta un'esistenza. Vincitrice nel 1932 di un concorso per diventare sosia di Greta Garbo, a Romilda fu impedito dal padre di partire per gli Usa e lì finirono tutti i suoi sogni di gloria, sogni che la donna riversò negli anni sulla bellissima figlia maggiore Sofia, avuta come Maria dall'unione burrascosa e passionale con Riccardo Scicolone.

Sophia Loren in una scena della fiction La mia casa è piena di specchiSi apre dunque la scatola dei ricordi di famiglia di una vita intera e il mosaico di Sofia si ricompone offrendo una visione d'insieme sulla sua vita che si discosta dalla solita storia televisiva ricca di personaggi inventati per accostarsi più al melodramma con sprazzi di repertorio che la avvicinano più a una docu-fiction. La prima puntata incentrata sugli inizi di carriera di Sophia fino alla sua consacrazione di attrice mentre nella seconda viene maggiormente fuori il personaggio di Maria, che vive un rapporto difficile con la madre. Brava cantante jazz, la donna viene in qualche modo spinta dagli eventi a rinunciare alla carriera musicale per via di sua madre, decisa a non rinunciare anche a lei e ad averla vicina fino alla morte. Per salvarsi da una madre ossessiva e malata di solitudine, Maria sposa l'uomo sbagliato, Romano Mussolini, che la renderà infelice e insoddisfatta per tantissimi anni lasciando sua madre sola e senza affetti nella sua grande casa romana. La donna tornerà infine a Pozzuoli e dedicherà gli ultimi anni della sua vita al pianoforte, una delle sue grandi passioni inespresse.

Sophia Loren ed Enzo De Caro in una scena della fiction La mia casa è piena di specchiPiù una di vita vissuta che non una fiction, La mia casa è piena di specchi si avvale delle piacevoli musiche del premio Oscar Nicola Piovani e della partecipazione straordinaria della Loren, onnipresente in quasi tutte le scene interpretando sua madre in età giovane e sia in età adulta che avanzata senza l'ausilio di attrici 'di mezzo' a supporto del ruolo. Ovvi ingarbugliamenti di coerenza visiva durante tutto il film, peggiorati da un uso incomprensibilmente smodato del chroma key (sovrapposizione di un filmato su uno sfondo fotografato) e di numerose correzioni con effetti di 'make-up' digitale effettuate in post-produzione.
Si deduce anche da questi particolari la difficile lavorazione del film-tv, molto lunga e travagliata, più volte a rischio cancellazione, ma chi ha amato ed ama la straordinaria Sofia Loren e vuole scoprire di più sulla sua splendida storia da sogno non starà di certo a guardare questi particolari.

·          FILM

  • Io, loro e Lara (2009)
  • Ruolo: Scenografia
  • Padre Carlo Mascolo è un missionario che vive in un villaggio nel cuore dell'Africa. Da qualche tempo avverte i sintomi di una crisi spirituale e decide di tornare a Roma ...

Padre Carlo Mascolo è un missionario che vive in un villaggio nel cuore dell'Africa. Da qualche tempo avverte i sintomi di una crisi spirituale e decide di tornare a Roma per ritrovare la serenità e il calore della sua famiglia. Nella Capitale lo aspettano delle belle sorprese: suo padre ha un aspetto decisamente ringiovanito e arzillo e ha appena sposato Olga, la sua badante ucraina. I suoi fratelli, Bea e Luigi, sono imbestialiti e decisi a sferrare guerra all'usurpatrice. I destini della ... [continua a leggere]famiglia si intrecciano con quello di Lara, personaggio enigmatico e sorprendente che nessuno si aspettava di dover fronteggiare. Sarà lei a portare il vero scompiglio nella vita dei tre fratelli, in quella di Carlo in particolare.
Don Carlo Mascolo è un sacerdote missionario che da più di dieci anni ha lasciato la sua diocesi e la sua famiglia per andare a vivere come missionario in un villaggio in Africa e dedicare la sua vita ai poveri. In quei posti dimenticati da tutto e tutti Carlo lavora e vive in condizioni precarie facendo oggi il medico, domani l'insegnante, ma anche il contadino, il meccanico e persino lo sceriffo. Ma tutto quello che fa sembra non bastare mai, nuovi problemi, nuove malattie, nuovi bisogni e una guerra sanguinosa affliggono quelle tribù e Carlo inizia a perdere la fiducia, anzi quella che attraversa in questo difficile momento è una vera e propria crisi di fede. Dopo un breve consulto con i suoi amici più cari sul difficile momento spirituale che sta attraversando, Carlo decide di tornare per un periodo a Roma e di provare a trovare rifugio nel conforto e nel calore familiare. La situazione che trova al suo ritorno non è però quella che si aspettava di trovare, addirittura più precaria di quella che ha lasciato nel Continente Nero. Il fratello Luigi si è buttato nella finanza e non ha perso nessuno dei suoi vizietti, né quello delle donne un po' psicotiche e neanche quello della cocaina; la sorella Bea, psicologa divorziata assai meno equilibrata dei suoi pazienti, è alle prese con una figlia adolescente che vive all'ombra della sua amica, una sorta di suo clone, un'esperienza di sofferenza che oggi tutti chiamano emo. A completare il quadro già abbastanza inquietante la ciliegina sulla torta: papà Alberto, vedovo ex-militare in pensione, che è appena convolato a nozze con Olga, una biondona slava di almeno vent'anni più giovane che sembra avergli regalato una seconda giovinezza e che ora vive con lui nella grande casa al centro di Roma in cui Carlo e i suoi fratelli sono cresciuti. A sconvolgere ulteriormente il tutto, arriva una tragica morte, con susseguente funerale e la misteriosa entrata in scena di Lara, una ragazza bellissima, enigmatica, conturbante e trasgressiva, una donna dalla personalità parecchio complicata che sconvolgerà la vita di Carlo e quella dell'intera famiglia Mascolo in un modo davvero inaspettato...

Un'irriconoscibile Laura Chiatti nel film Io, loro e LaraBasta con l'italiano medio fedifrago, in crisi di mezz'età, alle prese con ex-mogli, divorzi, figli difficili e donne carismatiche delle quali non regge il passo. Il protagonista del nuovo film scritto, diretto e interpretato da Carlo Verdone è un personaggio nuovo, poco 'battuto' dal cinema italiano ma spesso usato in maniera macchiettistica in passato dallo stesso Verdone in molti dei suoi sketch più celebri e divertenti. Nel nuovo Io, loro e Lara Verdone è Don Carlo Mascolo, un prete contemporaneo e impegnato nelle missioni umanitarie, uno che ha scelto di lasciarsi alle spalle la vita della grande metropoli, di dedicarsi alle popolazioni più povere e affamate del mondo ma che ad un certo punto, in preda ad una profonda crisi esistenziale, lascia la giungla vera per tornare in un'altra giungla, la psicotica società italiana rappresentata in scala dalla sua dissestata e caotica famiglia.

Scrollatosi di dosso le tante macchiette e le ritrite consuetudini dei tanti personaggi interpretati nel corso della sua lunghissima carriera di comico, Verdone ci mostra con grande sensibilità e con una sagacia d'altri tempi quello che siamo diventati in questi anni, una mandria di bestie asociali incapaci di parlarsi, di ascoltarsi e di guardare oltre il proprio naso, attaccati molto di più alle cose materiali piuttosto che ai valori e ai sentimenti.
Al contrario dell'ultimo Grande grosso e Verdone, la meschinità dell'italiano medio è tutta nei personaggi di contorno, contrapposta alla straordinaria integrità etico morale del simpatico protagonista che proprio nel momento in cui sente il terreno mancare sotto i piedi si rende conto di non poter contare su nessuno dei suoi familiari. E' proprio in questo momento di grave crisi personale che don Carlo riesce però a dare il meglio di sé, a trovare la necessaria lucidità per ascoltare tutti, per capire il problema e provare con la sua goffa saggezza a ristabilire l'ordine, aiutato dalla non trascurabile presenza di Lara - che dopo un inizio di contrasti, cattiverie e vendette trasversali - si rivelerà alla fine una vera e propria benedizione per tutta la famiglia.

Laura Chiatti e il regista Carlo Verdone in una scena di Io, loro e LaraIo, loro e Lara è una commedia dolceamara che offre al pubblico un Verdone rinnovato, finalmente pronto a fare quel salto di qualità che tutti si aspettavano. Un susseguirsi di divertentissime gag con Verdone grande mattatore alternate a momenti di grande intensità emotiva in cui esce fuori un'importante critica sociale. Un film adulto e corale supportato da grandissimi attori che grazie alla brillante sceneggiatura, ad una grossa dose di improvvisazione e a tempi comici perfetti degli attori tutti, regala due ore di piacevole intrattenimento costruito su un intreccio corale ben congegnato e mai pretestuoso, che strappa finalmente le grasse risate di una volta.

Io, loro e Lara riesce nel difficile intento di far ridere e commuovere allo stesso tempo, fa riflettere e ci offre un Verdone rigenerato nella mente e nello spirito ma soprattutto nello sguardo, un Verdone di cui cominciavamo a sentire la mancanza e che credevamo ormai sepolto nei nostri ricordi, negli indimenticabili sketch che ci hanno accompagnato per trent'anni.
Bentornato, dunque, alla commedia italiana nella sua accezione più malinconica e critica, bentornato al cinema italiano che avevamo ormai perso la speranza di vedere, bentornato ai nostri bravi attori di teatro che solo Sorrentino e Salemme hanno contribuito a valorizzare sul grande schermo, bentornato a un regista e ad un attore 'pop' che da trent'anni, a volte più efficacemente a volte meno, fa sorridere l'Italia ed è amato da tutti indistintamente, da giovani e meno giovani, da cinefili e dal pubblico medio.
Bravissimo attore, grandioso sceneggiatore di se stesso e regista di grande esperienza, Carlo Verdone resta ad oggi l'unico autore cinematografico capace di rappresentare degnamente e senza volgarità la 'romanità' in tutte le sue innumerevoli sfaccettature. Non era facile riprendere la retta via dopo i tanti mezzi flop degli ultimi dieci anni, ma con questo Io, loro e Lara Verdone torna finalmente alla lucidità degli anni d'oro, mixando alla perfezione le battute e le gestualità memorabili dei film dell'inizio carriera con la maturità dei suoi film più seri e malinconici. C'è l'amarezza di Al lupo, al lupo e di Compagni di scuola, la verve di Maledetto il giorno che t'ho incontrato e di Stasera a casa di Alice, la comicità strabordante di Borotalco e Acqua e Sapone, ma nessun personaggio artificioso, nessuna mistificazione, nessuna esagerazione.

Carlo Verdone in una scena del film Io, loro e LaraUn'impresa ardua quella che si era prefissata qualche anno fa, ma che Verdone ha portato a termine realizzando Io, loro e Lara con un ritrovato entusiasmo artistico e tanto impegno. Il tutto assume un significato particolare poi, se pensiamo che tutto questo è avvenuto in uno degli anni più tristi della sua vita privata, quello in cui ha perso suo padre, una guida spirituale e professionale che in questo film credeva molto e aveva riposto molte aspettative come tutti noi. Noi abbiamo applaudito e siamo certi che anche qualcun altro da lassù non sarà rimasto deluso. Bentornato Carlo.
  • FILM
  • Quale amore (2006)
  • Ruolo: Scenografia
  • Antonia è una giovane pianista di successo. Quando incontra Andrea si innamora, felicemente ricambiata, e decide di abbandonare la carriera di concertista per dedicarsi alla famiglia. Dopo il matrimonio e ...
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  • Antonia è una giovane pianista di successo. Quando incontra Andrea si innamora, felicemente ricambiata, e decide di abbandonare la carriera di concertista per dedicarsi alla famiglia. Dopo il matrimonio e la nascita dei figli, però, nella coppia la passione cala e la routine comincia a prendere il sopravvento. Dopo alcuni anni, Antonia, in seguito all'incontro con un grande violista, riprende a suonare ma Andrea reagisce nel modo peggiore.
  • Operazione rischiosa quella di Maurizio Sciarra che, per il suo ultimo lavoro, sceglie di rivolgersi alla grande letteratura e di adattare il drammatico racconto di Lev Tolstoj La sonata a Kreutzer. La Russia ottocentesca lascia il posto alla Lugano contemporanea tutta brumosi paesaggi lacustri e gelide filiali di banche perennemente illuminate a giorno dai neon. Una Svizzera a cui il regista, profondamente legato dopo la vittoria di cinque anni fa a Locarno con Alla rivoluzione sulla due cavalli, strizza l'occhio in molteplici modi inserendo uno spiritoso dialogo tra i due protagonisti su come viene visto il paese elvetico dall'esterno (precisione assoluta, accumulo di denaro e perfetta quiete... praticamente un luogo da pensionati) e ospitando, in un cameo, il presidente del Festival di Locarno Marco Solari.

    Andrea è un banchiere giovane e rampante in cerca dell'amore perfetto. La donna della sua vita appare un giorno all'improvviso sul palco di un concerto di musica classica nelle vesti della pianista Atonia, bella e indipendente, che presto diviene sua moglie e la madre dei suoi tre figli. Ma non si può possedere una persona fino in fondo. Andrea lo scoprirà ben presto a sue spese sviluppando una forma di dipendenza morbosa dalla donna che lo porterà a una gelosia sempre più folle e incontrollabile culminante nel gesto estremo dell'omicidio. A raccogliere la confessione di Andrea, ormai libero grazie agli abili avvocati della sua ricca famiglia, sarà un anziano compagno di viaggio, durante una lunga notte trascorsa in un aeroporto paralizzato dal maltempo.

    Maurizio Sciarra non ama le mezze misure. Lo si capisce assistendo al suo ultimo lavoro che persegue una propria personale via alla ricerca dell'originalità linguistica per sfuggire all'appiattimento di buona parte della cinematografia italiana contemporanea. Sforzo encomiabile da apprezzare sicuramente. In questo squilibrio volontario, il regista a volte coglie nel segno e a volte no. Alcune soluzioni, tra cui la scelta dell'ambientazione ticinese, una certa fedeltà all'opera di partenza e il ritorno insistente degli incubi visionari di Andrea, risultano piuttosto felici e colpiscono nel segno. Altre, come il montaggio dallo stile discontinuo che passa da una forma più classica a soluzioni appartenenti a certo cinema della modernità (attacchi dell'inquadratura su se stessa, posizioni atipiche della macchina da presa), spiazzano lo spettatore anche perché, in conclusione, risultano episodi isolati all'interno del film dei quali non si comprende la funzione.

    Fortemente sbilanciato anche il registro interpretativo degli attori. Giorgio Pasotti, il cui punto di vista viene assunto come fulcro nella narrazione, dimostra un impegno assoluto nel dar vita a un personaggio così complesso che accumula rabbia, smania di possesso e gelosia furente per tutto il film fino all'esplosione di violenza finale, ma il risultato è inevitabilmente quello di un eccesso di interpretazione. Il suo tono mal si adatta con quello da bonario viaggiatore messo lì per caso di Arnoldo Foà, e il confronto tra i due dà vita a un dialogo spesso innaturale, sopra le righe, quasi straniante. Quanto alla scelta della protagonista femminile, la sensazione è che Vanessa Incontrada, senza dubbio dotata di notevole fascino, non sia ancora matura per un ruolo così intenso e vacilli un po' nelle parti recitate. La sensazione che il film di Sciarra lascia è quella di un dramma raggelato, dove l'approccio intellettuale ha la meglio su quello emotivo e dove le scene di maggiore impatto (l'intimità spesso violenta tra i due coniugi, le liti, i momenti in cui la musica diviene protagonista) non riescano a scaldare l'animo come dovrebbero. Lo sforzo per la ricerca di una nuova via per il cinema italiano è stato comunque fatto. Starà ad altri scegliere se continuare a percorrerla aggiustando il tiro o fare un passo indietro.
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  • ALFABETO MORSO
  • Luigi Marchione per Alfabetomorso - Backwall - fondale scenografico per cinematografia
  • Ludus scenografico - Partizioni fra la sembianza destinata alla scena e le argomentazioni che precedono il suo passato. Estrapolazioni di ciò che per descrivere ha bisogno di essere descritto. Censimento prenatale della cognizione. Richiamo dell’Arte al suo codice inalterato. Plastico.
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  • Roma - dal 5 settembre al 12 ottobre 2007
    Luigi Marchione - divina proporzione
  • un evento espositivo mèta/multilinguistico e site specific di Luigi Marchione

Luigi MarchioneFilmography

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Occupation:
Art Director, Production Designer
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Cantando Dietro I Paraventi

Crew: Production Designer
Synopsis: Directed by veteran helmer Ermanno Olmi, this Chinese folktale revolves around a young man (Davide Dragonetti) who mistakenly enters a brothel while trying to find his way through urban China circa the 1930s. Narrated by Bud Spencer, the young man succumbs to temptation, and the dialogue-free scene Read More
2003
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Il Mestiere Delle Armi

Crew: Production Designer
Synopsis: Noted Italian director Ermanno Olmi uses a true story from the 16th century as a parable calling for contemporary disarmament in this historical drama. Giovanni De Medici (Hristo Jivkov) was a famed military leader who was the commander of the Black Band, a company who painted their armor black in Read More
2001
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Tutti Gli Uomini Del Deficiente

Crew: Production Designer
Synopsis: From the comedic trio Gialappa's Band comes this high concept wacky caper flick. The Band's popular Italian television show Never Say Goal consists of a Mystery Science Theater 3000-like narration over sports footage and trashy TV shows; in this film, they do basically the same thing, narrating over Read More
1999
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Voyage

Crew: Art Director
Synopsis: If you've seen the theatrical feature Dead Calm or the made-for-TV Adrift, you should have a pretty good idea of what the USA Network TV movie Voyage has in store for you. "Nothing outside but the sea...Nothing inside but the terror" promised the print ads. Eric Roberts, Connie NielsenRead More
1993
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Where Angels Fear to Tread

Crew: Art Director
Synopsis: A wealthy, upper-class British widow marries a much younger Italian man with disastrous results in this turn-of-the-century costume drama based on the E.M. Forster novel. After marrying into a wealthy family and then losing her husband, middle-aged Lilia Herriton (Helen Mirren) suffers under the Read More
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The Comfort of Strangers

Crew: Art Director
Synopsis: In this erotic thriller, a young English couple on vacation in Venice find themselves seduced by a mysterious older couple. Mary (Natasha Richardson) and Colin (Rupert Everett) have come to Italy to chart the future of their troubled relationship. They soon meet Robert (Christopher Walken), the Read More
3/15/91
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Magdalene

Crew: Art Director
Synopsis: Father Joseph Mohr (Steve Bond) comes to stay with the family of Franz Guber (Cyrus Elias) in this romantic costume drama. The region is plagued by the evil Baron Von Seidl (David Warner) who delights in persecuting everyone including his own family. Magdalena (Nastassja Kinski) works at the local Read More
1988
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The Dancers

Crew: Art Director
Synopsis: Choreographer and filmmaker Herbert Ross directs the romantic backstage drama The Dancers, which features a production of Giselle by the American Ballet Theatre. Mikhail Baryshnikov stars as macho lead dancer Tony Sergoyev, the director of a ballet company beginning a production of Giselle in Read More
10/9/87

CANTANDO DIETRO I PARAVENTI



Regia: Ermanno Olmi
Lettura del film di Nazareno Taddei
Edav N° 2003 - 315
Titolo del film: CANTANDO DIETRO I PARAVENTI
Titolo originale: CANTANDO DIETRO I PARAVENTI
Cast: regia, sogg., scenegg.: Ermanno Olmi – fotogr.: Fabio Olmi – mus.: Han Yong – mont.: Paolo Cot­tignola – scenogr.: Luigi Marchione – cost.: Francesca Sartori – interpr.: Bud Spencer , alias Carlo Pedersoli (vecchio Capitano portoghese), Jun Ichikawa Li (vedova Ching), Sally Ming Zeo Ni (confidente), Camillo Grassi (nostromo), Makoto Kobayashi (Ammiraglio Ching), Yang Li Xiang (Supremo Ammiraglio Kwo Lang), Guang Wen Li (dignitario imperiale), Ruohao Chen (emissario imperiale), Davide Dragonetti (cliente ignaro), Alberto Capone (cliente militare), Carlene Ko (Mery Red), Sultan Temir Omarov (Ammiraglio Thin Kwei), Bellini Zheng (il piccolo Guiady) – colore – durata: 100’ - musiche da: Orchestra Sinfonica diretta da Gianfranco Plenizio; registrazioni effettuate nei Sony Music Studios di Londra – produz.: Luigi Musini e Roberto Ciccutto per Cinemaundici e Rai Cinema Italia / Pierre Grise Production, Francia – coproduz.: Lakeshore Entertainment Sbs (Gb), con Sky – origine: ITALIA, 2003 – distribuz.: Mikado – col il sostegno di Eurimages e MIBAC – grato nel Montenegro e Roma Studios Pontina
Sceneggiatura : Ermanno Olmi
Nazione: ITALIA
Anno: 2003
Premi: - DAVID DI DONATELLO 2004 PER LA MIGLIOR SCENOGRAFIA (LUIGI MARCHIONE), I MIGLIORI COSTUMI (FRANCESCA SARTORI) E MIGLIORI EFFETTI SPECIALI VISIVI (UBIK VISUAL EFFECTS - BOSS FILM) - NASTRO D'ARGENTO 2004 PER: MIGLIOR SOGGETTO (ERMANNO OLMI), MIGLIOR FOTOGRAFIA (FABIO OLMI), MIGLIOR SCENOGRAFIA (LUIGI MARCHIONE) E MIGLIORI COSTUMI (FRANCESCA SARTORI)
Chiavi tematiche: pace, perdono

È il «film porno di Olmi», dicono scherzosamente in qualche ambiente… qualificato di Roma; e in «Sette» del Corsera mettono Olmi con Camilleri e Fellini nel servizio L’eros (ri)comincia a 70 anni, con qualche accenno a Italo Svevo del Senilità .
Non so però con quanta verità. È vero che non ricordo mai d’aver visto in Olmi, come questa volta, uno spogliarello integrale e una qualche, rara, insistenza sulle cosce di Ching; ma direi che è da sessuofobi lasciarsi conturbare da quelle rapide visioni.
Comunque, aspettatevi bellissime immagini di interni e soprattutto di esterni, qualche rarissima — se volete — anche di seno e di cosce; aspettatevi anche piú di una felice intuizione cinematografica da vero artista. Invece, purtroppo, non aspettatevi risposta a tutti i perché — anche solo narrativi — che vi balzeranno alla mente; accontentatevi invece della meraviglia del come Olmi vi fa vedere le cose che vi presenta.
Notiamo: il film non è — come tutti hanno inteso — la storia della piratessa Ching che si piega a chiedere perdono all’imperatore quando ormai la flotta imperiale, munita poi di motore a vapore al posto dei remi e delle vele, sta per sopraffarla; bensí è quella stessa storia narrata sul palcoscenico di un teatrino-bordello cinese, do­ve per sbaglio capita uno studente occidentale che sta cercando una conferenza di Cosmologia e che, pur con disappunto ma attratto (pare) dal fascino di quella performance, si lascia irretire da una graziosa prostituta che, pare, l’accompagni fino alla fine di quella storia; e il bravo vecchio Capitano portoghese (Bud Spencer) si accomiata da noi pubblico.
Il film è stato girato nel Montenegro, sul lago di Scutari e nei Roma studios (ex-Dinocittà). Il racconto della piratessa Ching si riferisce a documenti conservati negli Archivi di Pechino «Memorie concernenti il sud delle montagne Meihling» e all’opera omonima del poeta cinese Yuentsze Yunglun. Ma il film non è tutto in essa.
Vediamone comunque la «trama» che ne dà l’Agenzia di Distribuzione (manca ovviamente il finale per ragioni pubblicitarie; e mancano gli accenni ad alcune sequenze importanti che ricorderemo noi): «A causa di un equivoco, un giovane studente occidentale approda in un teatrino fuori mano [ch’è poi il palcoscenico di un bordello]. Superato il primo momento di stupore il giovane cerca di concentrarsi sull’incanto della rappresentazione... È la storia della celebre Ching, una donna pirata cinese. Suo marito è eletto ammiraglio di una potente flotta, incaricato dal governo imperiale di combattere il flagello della pirateria. Ma dietro il fenomeno si nascondono interessi cosí grandi che, di lí a poco, l’ammiraglio viene assassinato con una pozione di cibo avvelenato. Sconvolta dall’accaduto, la vedova convince i marinai di suo marito a rifiutare ogni altra offerta e a dedicarsi in proprio agli arrembaggi ed ai saccheggi. Dopo i successi iniziali, la flotta dei pirati di Ching viene circondata dalle navi dell’imperatore. La fine sembra vicina: ma i vascelli governativi, anziché sferrare l’attacco decisivo, rimangono nella piú totale immobilità...» Si possono ricordare qui le sequenze relative alla vita personale del grande pirata Makoto, curato appassionatamente dalla moglie; alla corte imperiale e particolarmente al vecchio imperatore informato degli avvenimenti e sempre mostrato di spalle allietato poeticamente nella sua vecchiaia da graziosi uccellini; all’attività piratesca, magnificamente realizzata nel lago di Scutari; e continuare la trama con i vascelli imperiali che lanciano aquiloni con parole di pace; e con l’invitta piratessa Ching, che, dopo aver preparato se stessa e la ciurma a rispondere all’attacco che li porterà alla morte, sostanzialmente gloriosa per aver sempre rispettato le norme della dignità e dell’onore, al volo di quegli aquiloni, decide di chiedere perdono al nuovo imperatore, consegnandogli un qualche simbolo di comando e di proprietà che l’imperatore stesso getterà in mare per segnare una pace duratura.
«Da quel momento, — commenta la voce fuori campo — i fiumi e i quattro mari furono sicure e liete strade; i contadini vendettero le loro spade e comprano buoi per arare i campi, mentre le voci delle donne rallegravano il giorno cantando dietro i paraventi.»
Già con questa trama, ci si domanda anzitutto cosa c’entri con la pace, frutto di perdono, il giovanotto che cerca una lezione di Cosmologia (scienza filosofica del Cosmo) e si lascia irretire dal sesso e che si vedrà due volte di sfuggita guardare la scena. Egli entra nel film in un secondo momento quando il Vecchio Capitano portoghese lo ha già iniziato dalla tolda della nave che sarà quella di Ching, parlando della pirateria; e sul palcoscenico si sarà già visto lo spogliarello della donna.
Ma interrogativo ancor piú grosso nasce alla fine: dov’è questo gran discorso del perdono che genera pace, quando è l’imperatore a offrire pace e la nostra Ching, ormai sconfitta, va a chiedere perdono all’imperatore, vestita di abiti lussuosi e invitanti?
Al festival di Pesaro, Olmi ha dichiarato: «In passato, memore della mia esperienza come impiegato della Montedison, me la prendevo con le grandi aziende. E in un momento di pericolo come questo che faccio? Critico Bush e Berlusconi? Tanto non mi ascoltano. Scelgo invece di raccontare una favola per trovare in essa la speranza utopica della pace, del tutto assente dalla realtà di oggi.»
Lasciamo stare le «grandi aziende»; che gli hanno sempre dato il pane e aperto strade, come può dire chi con lui ha vissuto quegli anni. Ma buttiamo tutto in politica? Lasciamo stare anche questo e prendiamo l’unica parola che vale parlando di un film: la parola «favola». Lasciamo pur stare ancora che sia necessaria una favola per dare speranza di pace.
Ma ci chiediamo dov’è la «favola»? La storia di Ching è una storia vera del secolo XVIII, anche se è un poeta a narrarla; il fatto che sia un palcoscenico a rappresentarla non la riduce a favola; il giovanotto che trova la Cosmologia in un bordello è una fatto di realtà, anche se inventato; né basta che il cinema ne dia un’immagine schermica, pur magnifica e poetica, ma realistica, come quella del palcoscenico. E nemmeno bastano i «(...) paesaggi rapinosi [?!?]. Cambi di tono e di ritmo continui. Dialoghi costellati di trasparenti allusioni al presente (al governo fischieranno le orecchie). Una colonna sonora incalzante e composita (Han Yong, Stravinskij, Berlioz, Ravel, canti popolari cinesi) che ora esalta, ora congela l’emozione» di cui parla Fabio Ferzetti, ne «Il Messaggero», 24.10.03, cui però aggiungo il potente Dies irae gregoriano sinfonizzato, inatteso, che troppo ricorda altri film, p.e. SHINING di Kubrick, ma anche altri recenti.
Ferzetti scrive anche: «Questo non è forse il piú bel film di Olmi, certo è il piú libero e imprevedibile. (…) Noi preferiamo il rigore dell’Olmi storico.» Pur tentato, non mi sento di sottoscrivere. Il film mi sembra ben qualcosa di piú con un qualcosina di meno. Io che gli sono stato vicino nei primi meritati trionfi, vorrei dire che Olmi è un grande poeta della realtà; un grande regista…, che però finora non è stato ancora «grande», perché non s’è mai preoccupato di come strutturare ai livelli medio-alti la composizione, per poter «dire» e non solo stupire con le immagini. (Nazareno Taddei sj)
Cantando dietro i paraventi



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Cantando dietro i paraventi, locandina
Informazioni
CAST TECNICO ARTISTICO
Regia e sceneggiatura: Ermanno Olmi
Fotografia: Fabio Olmi
Scenografia: Luigi Marchione
Costumi: Francesca Sartori
Montaggio: Paolo Cottignola
Musiche: Han Yong
Prodotto da: Luigi Musini, Roberto Cicutto
(Italia/Regno Unito/Francia, 2003)
Durata: 100'
Distribuzione cinematografica: Mikado
PERSONAGGI E INTERPRETI
Il vecchio capitano: Bud Spencer
Vedova Ching: Jun Ichikawa
Confidente: Sally Ming Zeo Ni
Nostromo: Camillo Grassi
Ammiraglio Ching: Makoto Kobayashi
Supremo Ammiraglio Kwo Lang: Xiang Yang Li
Nella Cina della fine del ‘700 la vedova Ching, per vendicare la morte del marito - ammiraglio al servizio dell'imperatore, ucciso per avvelenamento a seguito d'un complotto di corte - si ribella alle autorità ed assume il comando di una flotta corsara, all'uopo assistita da un vecchio capitano portoghese. In breve, le imbarcazioni dell'indomita piratessa divengono padrone dei mari, assalendo navi mercantili e sconfiggendo perfino la flotta imperiale. Per rifarsi dello smacco subito, il potente sovrano decide allora di mettere in campo una seconda ed invincibile armata: ma, prima dello scontro, egli fa  volare degli acquiloni colorati in segno di pace. L'invito a deporre le armi viene raccolto dalla vedova Ching: si apre, così, per la popolazione una stagione di serena operosità.  Basandosi su una storia vera, estratta dagli archivi di Pechino e già ripresa da Borges, Ermanno Olmi inscena in “Cantando dietro i paraventi” una fiaba tenue e meravigliosa, che allude all'oggi nel suo ottativo pacifismo pur parlando di un passato remoto e favolistico. Girato tra Roma ed il lago di Scutari, nel Montenegro (ove sono state ambientate le scene in esterni), il film presenta la vicenda come rappresentata sul palcoscenico a beneficio di un giovane stordito da oppiacei, in una sorta di teatrino-bordello: coerentemente, tutto assume una cadenza trasognata e onirica. Come Bresson in “Lancillotto e Ginevra” presentava un torneo mostrando solo gli zoccoli dei cavalli, così Olmi tiene fuori dallo schermo le scene di battaglia e violenza: è altro, ciò che gli interessa. La speranza nel volto di un bimbo, la bellezza d'un campo arato, la dolcezza del canto muliebre là, dietro i paraventi.
Il mestiere delle armi



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Cineasta aduso a muoversi nella contemporaneità, tra minute vicende quotidiane, Ermanno Olmi torna al grande schermo - dopo un'assenza durata diversi anni - con un genere per lui inconsueto ed una produzione ad elevato budget.
Ne "Il mestiere delle armi", infatti, è di scena la figura di Joanni de' Medici, detto anche dalle Bande Nere, condottiero fra i più noti ed ammirati dell'epoca, capitano dell'esercito pontificio che combatté strenuamente al fine di evitare che i Lanzichenecchi, guidati da Zorzo Frundsberg, espugnassero Roma per metterla a sacco.
La pellicola racconta, in particolare, l'ultima settimana di vita del celebre stratega, prima ch'egli venisse ferito alla gamba da un colpo di falconetto (una delle prime bocche da fuoco adoperate sui campi di battaglia) e morisse di cancrena, appena ventottenne, nel 1526.
Figurativamente impeccabile, ricercato nella composizione dell'immagine e nel gusto dell'inquadratura, il film è descrittivo e preparatorio nella prima parte (che ricorda, per il suo rigore antispettacolare ed il ritmo volutamente lento, il "Lancillotto e Ginevra" di Bresson), commosso e solenne nella seconda, ove viene messa in scena con pudore l'agonia ed infine la dipartita del protagonista.
La voce fuori campo nel finale, annunciando l'auspicio d'una messa al bando per le armi da fuoco, induce oggi al sorriso: ed è vieppiù efficace nel sottolineare, per antitesi, il vigoroso messaggio antibellico dell'opera.
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